- This event has passed.
kaufmann repetto is glad to present Verso, Latifa Echakhch new solo show at the gallery.
Through simple actions and minimal interventions, Latifa Echakhch repositions and de-contextualizes objects loaded of socio-cultural meaning, inviting the viewer to undertake an active and plurivocal reading, by virtue of an ontological relativism that suspends any judgment, favoring the coexistence of multiple perspectives. Verso, the title of the show, mirrors this same polysemic openness: in fact, the word Verso can refer to the poetry structural unit as well as to a direction, but it also indicates something that lies behind, something hidden.
A work that gathers all these different meanings is MorgenLied, where a hanging system for paintings becomes a giant music score, and the denied presence of the canvases enables the object to free its otherwise unexpressed evocative power. The simple subtraction of an element leads to the deconstruction of usual associations therefore functioning as sound box, that amplifies and brings out what usually slips the viewer eye.
The vertical fall tension characterizing this work is counteracted by Fantasia, an installation positioned in the gallery’s courtyard and composed of pennons without flags that, through an intricate overlapping, create a geometry of lines projected towards the sky. This work, which was recently exhibited at 54th Venice Biennale, evokes a relation of both encounter and conflict, as to comment the ambivalence implicit to the confrontation of different entities, which becomes even more evident when concerning different national identities.
As to connect the inner gallery space with the outer one, Latifa Echakhch intervenes on the gallery windows by dropping black indian ink, therefore partially obscuring the exhibition rooms, almost through an act of vandalism recalling scenarios of violence, as well as the revolutionary potential of the written word. The title of the work, Enluminure, refers at the same time to miniature writing and lighting: what occults also reveals.
In this sense, the works in the show seem to be located in a pre-linguistical dimension: black carbon paper, dried ink, empty hangers for paintings. All these elements share a sense of opennes, that evokes both the beginning and the end, the possibility of sharing a message and the negation of the message itself.
Absence and denial are the core themes pervading the whole exhibition, which could either be seen as a succession of ghostly presences or, better yet, a series of amplified absences. A concept that especially applies to Skin, an installation composed of a group of second-hand sneakers, accumulated against the wall in an appartently random manner. The title of the work refers to the trend of the ‘Skin Parties’, particularly wide-spread among teen-agers, where all the guests leave their clothes and shoes outside the door, as a rebellious act against
conventions. While on one hand this piece is meant to represent the portray of a generation, on the other hand it seems to evoke circumstances of collective gatherings, ranging from the entrance into places of worship to the dramatic scenarios of massacres.
Fantome is the work ‘inhabiting’ the other room of the gallery: a sort of negative portray, where those that might look as the remains of a presence, compose a still life embodying a story we cannot learn anything about besides what we can infer. Once again, the viewer becomes the key of a creative mechanism, where emptyness asks to be filled, and silence seems to speak through multiple voices.
kaufmann repetto e’ lieta di presentare la mostra di Latifa Echakhch, Verso.
Attraverso gesti semplici e interventi minimi, Latifa Echakhch riposiziona e decontestualizza oggetti carichi di valenza socio-culturale, invitando lo spettatore a una lettura attiva e plurivoca, in virtù di un relativismo ontologico che sospende il giudizio, a favore di una coesistenza di prospettive. Verso, il titolo della mostra, rispecchia questa apertura polisemica: la parola verso può infatti riferirsi alla poesia, ma può anche significare direzione, senso, e, non in ultimo, indicare ciò che sta dietro, nascosto.
Un lavoro che riunisce queste diverse accezioni è MorgenLied, in cui un sistema di appendimento per quadri diventa una gigantesca partitura musicale, e la presenza negata dei dipinti permette all’oggetto di liberare il proprio altrimenti inespresso potere evocativo. La semplice sottrazione di elementi noti funziona da cassa di risonanza, e mette in risalto ciò che normalmente sfugge.
Al movimento di caduta verticale di questo lavoro risponde, nel cortile della galleria, Fantasia, un’installazione composta da pennoni privi di bandiere, che creano, nella loro sovrapposizione, una geometria di linee proiettate verso l’alto. Il lavoro, recentemente esibito alla 54 Biennale di Venezia, evoca un rapporto di incontro e insieme di conflitto, quasi a commentare l’ambivalenza insita nel rapporto tra due entità distinte, tanto più evidente nel caso di diverse identità nazionali.
Come a connettere lo spazio esterno e quello interno, Latifa Echakhch interviene sulle finestre della galleria con dell’inchiostro di china, tanto da oscurare parzialmente gli ambienti, in un gesto quasi vandalico che rimanda a scenari di violenza, ma anche al potenziale rivoluzionario della parola scritta. Enluminure, questo è il titolo del lavoro, si riferisce alla scrittura miniata, e insieme a un’illuminazione: ciò che occulta, rivela.
In questo senso alcuni dei lavori in mostra sembrano essere collocati in una dimensione pre-linguistica: l’inchiostro, così come la carta carbone nera applicata sulle grandi tele in mostra, condividono lo stesso senso di apertura, evocando l’inizio come la fine, la possibilità di condividere un messaggio e la negazione del messaggio stesso.
E il tema della negazione e dell’assenza percorre tutta la mostra, che puo’ essere letta come una sequenza di prensenze spettrali, o meglio, di assenze dalla forte presenza.
E’ il caso di Skin, un’installazione composta da un gruppo di sneakers usate, ammassate contro al muro in modo apparentemente casuale. Il titolo del lavoro si riferisce alla moda, in voga tra gli adolescenti, dello Skin Party, ritrovi in cui scarpe e parte del vestiario vengono lasciati fuori dalla porta, in un atto di ribellione al mondo delle convenzioni adulte. Il lavoro funziona come ritratto di una generazione, ma allo stesso tempo evoca panorami collettivi, dall’ingresso di certi luoghi di culto a drammatici scenari di stragi.
Ad ‘abitare’ l’altro ambiente della galleria è invece un Fantome, sorta di ritratto cesellato in negativo, dove quelli che possono sembrare i resti di una presenza compongono una natura morta a cui è sottesa una storia che non ci è dato conoscere, ma solo inferire. Di nuovo, lo spettatore è messo al centro di un meccanismo creativo, in cui i vuoti chiedono di essere riempiti, e il silenzio sembra parlarci a più voci.