Il sole che filtra tra le foglie – The Sun filtering through the leaves
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The Sun filtering through the leaves*
Although the courtyard is located in the middle of the city, at a certain time of day the trees are illuminated by beams of sunlight shining through the leaves, creating a moment of pure nature, the sign of a dimension greater than us and of which we are fleeting spectators. All of a sudden the trees in this courtyard with their various shapes, leaves and their different shades make me think that at their origin there was a matrix that destined them to take on the appearance they have now. Dazed by this thought, I feel as if I have been creating and designing this matrix, this mold, as if it were the beginning of time: at that moment I have the sensation of kneading green dough, like when you’re making cookies, and in a playful way experimenting with and discovering the colors and forms of the leaves, cutting them up and pressing them into the mixture and in the end leaving the print of my hand on it; a hand which is not mine because it looks like a leaf. Nature is young. Every so often it astonishes me and the leaves seem to take on form and life from a mineral matrix, that of Verde Guatemala marble.
I go on thinking of the rays of sunlight that have enchanted my thoughts, picturing them as rays of yellow onyx. A long and rectangular block is divided into nine little sticks with which to draw the sun for every morning. I imagine being able to extend the rays of yellow onyx in various ways along a horizontal line. The gestures that compose the auroral figure are not fixed. They are free and living. This gives the impression that the figure is a fleeting one.
The ephemeral quality of the image evoked in drawing the dawn (or the sunset) constitutes, in a sense, a ritual act similar to the mu of Zen Buddhism, a circular shape symbolizing the idea of the open void that Buddhist monks paint on a sheet of paper every morning with a decided gesture. Like some acts of initiation that in their cyclicity become rites and remind us of the ground we stand on. In a manner similar to the baptistery, this work is a place for initiation.
“The sun is new every day” said Heraclitus – drawing it for each morning (and each evening) is a way of bearing witness to this marvel.
The sunlight that shines through a palm leaf is like time running through my fingers.
Transformed into bronze, the fingers of that withered and dry vegetal hand are made immortal. This bronze form holds another palm leaf still in the moment of its fresh youth, but doomed to grow old and assume with time the same features as eternity—blending into it.
The image of eternity we have in our minds is that of an old man, an image whose origin lies in the mythological figure of Cronos and which in the Christian imagination has become the image of God, or of St. Jerome with a long beard and in the pose of a thinker. Heraclitus, on the other hand, imagined time as a child playing dice.
On display in the courtyard, the light passes through the photographic body of “Melancholy—or rather transparent” just as it does between the gaps in the trees. In 1995 I had asked an old potter if I could place my then young face on his hand marked by the experience of creation. I imagined that that hand one day could be mine.
Gianni Caravaggio, March 2022
*I have discovered that in Japanese culture there is a word that is used precisely for the act of light streaming through the leaves of trees. Komorebi refers to this natural event and in doing so expresses a sense of melancholy, or that mood in which time appears to be a form of eternity.
Il sole che filtra tra le foglie*
Anche se il cortile è situato nel mezzo della città, in un certo momento del giorno gli alberi si illuminano dai raggi di sole che filtrano tra le foglie creando un momento naturale puro, indice di una dimensione più grande di noi e di cui siamo effimeri spettatori. Gli alberi di questo cortile con le loro forme, foglie varie e i loro verdi differenti tutto di un tratto mi fanno pensare che alla loro origine ci fosse una matrice che li ha destinati ad avere quella sembianza in cui ora ci appaiono. Nello stupore di questo pensiero sento come se tale matrice la stessi creando e progettando come all’inizio dei tempi – in quel momento ho la sensazione di impastare un impasto verde, come quando si fanno dei biscotti, e con un impegno ludico stessi sperimentando e scoprendo i colori e le forme delle foglie, imprimendole e ritagliandole nell’impasto e per ultimo ci imprimerei la mia mano che non è la mia perché appare come una foglia. La natura è giovane ogni qual volta mi stupisce e le foglie sembrano prendere forma e vita da una matrice minerale, ovvero dal marmo Verde Guatemala.
Continuo a pensare ai raggi di sole che hanno fatto incantare il mio pensiero immaginandoli come dei raggi di onice giallo. Un blocchetto lungo e rettangolare è suddiviso in nove bastoncini con cui disegnare il sole per ogni mattina. Immagino di poter estendere i raggi di onice giallo in vari modi lungo una linea orizzontale. I gesti che compongono la figura aurorale non sono fissi, sono liberi e vivi. Questo dà l’impressione che la figura sia fugace ricordando comunque il corpo del blocco iniziale.
Tale qualità effimera dell’immagine evocata nel disegnare l’alba costituisce, in un certo senso, un’azione rituale simile al “Mu” del buddismo Zen, una forma circolare che simboleggia l’idea del vuoto aperto, che i monaci buddisti dipingono su un foglio di carta ogni mattina con un gesto deciso. Come alcuni atti iniziatici che nella ciclicità diventano rito ci ricordano e di ciò che ci fonda. Simile ai battisteri, questo lavoro è un luogo per l’iniziazione.
“Il sole è nuovo ogni giorno” disse Eraclito – disegnarlo per ogni mattina (e per ogni sera) è una testimoniare tale meraviglia.
Il sole che filtra tra una foglia di palma è come il tempo che scorre tra le mie dita.
Le dita di quella mano vegetale appassita e secca trasformate in bronzo è resa immortale. Questa forma bronzea accoglie un’altra foglia di palma nel momento della sua fresca gioventù ma destinata a invecchiare e ad assumere col tempo le stesse sembianze dell’eternità – armonizzandosi con essa.
L’immagine dell’eternità che abbiamo in mente è quella dell’uomo anziano che è originata dalla figura mitologica di Cronos e che nell’immaginario cristiano è divenuto l’immagine di dio o di San Gerolamo con la barba lunga e in posa da pensatore. Dall’altro canto, ancora Eraclito il tempo lo immagina come un bambino che gioca ai dadi.
Esposto nel cortile la luce passa attraverso il corpo fotografico di “Melancolia – ovvero trasparente” come lo fa tra gli spazi degli alberi. Nel 1995 avevo chiesto a un vecchio vasaio se poteva appoggiare il mio allora giovane volto sulla sua mano vissuta dall’esperienza della creazione. Immaginavo che tale mano un giorno potesse essere la mia.
Gianni Caravaggio, Marzo 2022
*Ho scoperto che nella cultura giapponese esiste una parola che indichi l’esatta azione della luce che permea le foglie degli alberi, Komorebi indica tale evento naturale e con questo esprime il senso di melancolia, ovvero quello stato d’animo in cui il tempo appare come una forma dell’eternità.